I social media cambiano
il modo di fare ricerca clinica

Secondo la rete di pazienti PatientsLikeMe,1 firmataria di un articolo apparso lo scorso gennaio sul BMJ,2 è arrivato il momento di rendersi conto dell’esistenza (e della forza) delle reti di ricerca formate da pazienti, dove i partecipanti alle sperimentazioni cliniche, “ciechi” rispetto alla propria posizione nei trial, hanno iniziato a “togliersi la benda dagli occhi” registrando i propri dati sanitari, analizzando la letteratura e pubblicando on-line i risultati della propria ricerca.

Secondo gli autori dell’articolo è il rapporto asimmetrico tra ricercatori e pazienti ad aver alimentato in questi ultimi l’esigenza di “fare ricerca da sé”.

«Il contratto sociale che sta alla base dei trial controllati randomizzati non è equilibrato» si legge nell’articolo «i pazienti entrano in complessi protocolli di studio, vengono randomizzati a ricevere trattamenti placebo e viene loro impedito di conoscere l’evoluzione della propria condizione di salute». Inoltre, meno del 10% riceve un resoconto, seppure semplificato, dei risultati del trial a cui ha partecipato.

Un fai-da-te molto produttivo

PatientsLikeMe racconta che nel 2007 alcuni pazienti affetti da SLA hanno utilizzato Google per tradurre un abstract presentato a un congresso italiano in cui si avanzava l’ipotesi che il litio carbonato potesse rallentare la loro malattia (studio pubblicato poi su PNAS con il titolo “Il litio rallenta la progressione della SLA”). Ebbene, a sei mesi dalla pubblicazione dell’abstract 160 malati riportavano di avere ottenuto la prescrizione di litio offlabel e registravano i propri progressi usando Google Spreadsheet e la scala funzionale validata per la SLA (ALSFRSR). PatientsLikeMe aggiungeva ai punteggi di questa scala il monitoraggio delle concentrazioni ematiche di litio, l’utilizzo di promemoria per sollecitare l’input dei dati e il monitoraggio da parte di personale infermieristico per trattare gli effetti collaterali riportati. Dopo qualche mese dalla pubblicazione del lavoro di PNAS, i pazienti hanno presentato i dati del loro trial, che indicavano come il litio fosse inefficace nell’arco dei nove mesi di durata dello studio. Quindi, in un lavoro pubblicato open access su Nature Biotechnology, che includeva l’intero dataset aperto come materiale aggiuntivo, hanno pubblicato i risultati ottenuti da un follow-up più lungo, analizzati utilizzando metodi più sofisticati. Quattro RCT hanno in seguito confermato i loro risultati negativi.

Ancora più interessante il caso dei pazienti che hanno condiviso i dati mentre erano formalmente arruolati in protocolli dove avrebbero dovuto essere “ciechi”, ovvero all’oscuro sia dei risutati dello studio sia del proprio punteggio ALSFRS-R. Essi hanno tenuto traccia dei propri progressi, sfruttato la conoscenza di effetti collaterali come la neutropenia nel tentativo di “togliersi le bende” e capire a quale gruppo sperimentale appartenessero, utilizzato metodi statistici elementari per analizzare l’efficacia dei due farmaci presi in esame.

Circa un terzo dei partecipanti al trial del primo farmaco e il 10%dei pazienti statunitensi del trial del secondo hanno registrato i propri dati on-line. Un terzo gruppo sperimentale si è formato quando alcuni pazienti hanno letto il brevetto del primo farmaco e dedotto che il detergente industriale clorito di sodio poteva essere il principio attivo. Alcuni malati che non avevano potuto entrare nel trial hanno cominciato ad assumere clorito di sodio per via orale o endovenosa. Le analisi dei tre gruppi sono state condivise attraverso la piattaforma Figshare immediatamente prima della pubblicizzazione del trial ufficiale.

E cambiare è obbligatorio

Tutto ciò ha un impatto dirompente sul modo di fare ricerca. I pazienti realizzano sempre di più che sono loro i detentori del vero potere nei trial e che è necessario costruire sistemi di ricerca più giusti ed equilibrati. «Se non si fa nulla» dicono i membri di PatientsLikeMe «uno studio in fase III potrebbe essere invalidato scientificamente da una massa critica di pazienti che decide di violare il protocollo su Facebook, Twitter o su piattaforme come la nostra. Questo sarebbe un risultato disastroso». Per prevenirlo, si propone di redigere un nuovo contratto sociale che massimizzi sia la scoperta scientifica, sia l’autonomia del paziente, ponendo le basi per la conduzione di trial migliori con partecipanti più motivati.

Gli stessi pazienti hanno già posto gran parte delle fondamenta. Ora occorre chiedere loro di «continuare a costruire insieme, alla pari, questi nuovi sistemi».

Bibliografia

  1. www.patientslikeme.com
  2. PatientsLikeMe. Subjects no more:what happens when trial participants realize they hold the power? BMJ 2014;348:g368
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