In Piemonte, a Casale Monferrato, nel 2007 è nato il «Centro regionale per la ricerca, sorveglianza e prevenzione dei rischi da amianto» con l’intento di sostenere la partecipazione ad attività nazionali e interregionali, promuovere esperienze e iniziative regionali, definire le strategie e coordinare le politiche sanitarie per fornire a livello nazionale indicazioni utili e mirate al fine di mettere a punto un protocollo di prevenzione e cura il più univoco possibile che permetta di affrontare al meglio le problematiche della salute degli esposti. Nonostante l’esistenza di questo Centro, il problema amianto in Piemonte è stato sottovalutato per anni dalle istituzioni, tant’è vero che la sorveglianza degli esposti per ora è inesistente. Si pensi che nel territorio di Mondovì, una decina di anni fa, con accordi tra sindacato e ASL territoriale era stato approvato un protocollo (TC spirale) per gli esposti in fabbrica. Ma, essendo tale accordo limitato alla sola ASL, al cambio del direttore l’iniziativa è stata annullata. In certi casi gli esposti di questa o quella fabbrica sono chiamati a partecipare agli screening sperimentali, a numero chiuso, sovvenzionati dalla Regione Piemonte. Si procede quindi per la ricerca e per la diagnosi in modo sparso, molte volte su base personalistica, con grande dispendio di risorse. Soprattutto, non si ha la percezione del numero degli esposti, i quali si rivolgono al medico di famiglia quando la malattia ha raggiunto una fase avanzata.

Occorre un Registro degli esposti...

Come presidente dell’Associazione italiana esposti amianto (AIEA) faccio parte del comitato strategico del Centro e in quell’ambito ho affermato la necessità che sia istituito un registro regionale degli esposti. L’iscrizione al registro, volontaria, permetterebbe di individuare il tempo di esposizione come da curriculum, e quindi di disciplinare la sorveglianza degli esposti. Si possono suggerire le seguenti caratterizzazioni della sorveglianza:

  • intensità alta per chi ha avuto dieci anni e oltre di esposizione continua (100 fibre/l), con sorveglianza continua e informazione;
  • nel caso di esposizione media e professionale si richiede la sorveglianza solo nel caso in cui l’individuo sia stato esposto in maniera continua, negli altri casi solo informazione;
  • nel caso di esposizione di bassa intensità si richiede se sia stata continua o intermittente e professionale. Possono iscriversi al registro degli esposti i familiari di persone che hanno lavorato nell’amianto. Tutti i casi previsti, anche se non prevedono azioni, entrano nel registro. La gestione della sorveglianza deve essere affidata all’ASL. Questa proposta ha il pregio di evitare di fare un calderone, in quanto permette di distinguere e identificare gli ex esposti per inserirli ognuno in base alle proprie caratteristiche di esposizione evitando sprechi di denaro e di tempo all’ente pubblico, mentre pone al centro il controllo della salute con le visite mirate: in tal modo l’ASL sarebbe in grado di porre diagnosi precoci. Infine, l’iscrizione al registro dovrebbe essere volontaria e garantire l’esenzione delle spese mediche. Questo è il servizio che noi vogliamo.

...ma anche più ricerca e prevenzione

A proposito di registri, lamentiamo che i registri mesoteliomi regionali non siano aggiornati. Quello del Piemonte, per esempio, è aggiornato al 2004. Si pensi che la mia ASL non forniva al registro mesoteliomi Piemonte i dati sulle morti successive al 2002, e solo in seguito alla mia richiesta ha colmato questo vuoto. Il Centro di Casale dovrebbe finalizzare, in relazione alle risorse disponibili, le politiche sanitarie e contribuire con la ricerca ad approntare nuovi strumenti diagnostici, di prevenzione
e cura delle patologie asbesto-correlate.
Riteniamo che sia giusto ricercare e sperimentare forme di diagnosi precoce delle malattie correlate all’amianto del polmone e del tumore maligno della pleura: medici pneumologi e ricercatori affermano che per ogni morte da mesotelioma due sono le morti per cancro polmonare. Per la diagnosi precoce di queste patologie potrebbero crearsi nell’ambito delle strutture ospedaliere apposite zone per la sperimentazione.

Ma soprattutto, uguali diritti per tutte le vittime

Presso il tribunale di Saluzzo, il 12 novembre si è aperto in prima udienza il processo nei confronti dei dirigenti Fiat ferroviaria per la morte per tumore maligno della pleura di otto lavoratori; l’AIEA in questo processo viene considerata parte lesa. Anche noi lavoratori ex esposti di quella fabbrica intendiamo costituirci parte civile nel processo di Saluzzo con la speranza di essere accettati per le stesse motivazioni per le quali sono stati accettati i lavoratori della Thissenkrup che hanno lavorato in quell’ambiente senza essere informati dei rischi che correvano per la loro salute.
Il 17 settembre l’AIEA, le altre associazioni e un folto gruppo di lavoratrici e lavoratori, familiari di cittadini morti per amianto, amministratori pubblici di alcuni territori, hanno manifestato davanti al Ministero del lavoro per chiedere l’approvazione della legge per il risarcimento delle vittime dell’amianto attraverso un fondo che ora è di 20 milioni di euro. A questo fondo, che lo Stato ha stanziato per le vittime, noi abbiamo chiesto che possano accedere sia i lavoratori riconosciuti dall’INAIL sia i cittadini morti per esposizione domestica e ambientale.
Dalle risposte del capo di gabinetto (Monticelli) del ministro del lavoro Sacconi sembra però che i beneficiari del fondo saranno solo i lavoratori già riconosciuti dall’INAIL.
Mentre le morti per le malattie da amianto hanno raggiunto le 4.000 l’anno, la sorveglianza sanitaria e la tutela giudiziaria e amministrativa nei confronti delle persone colpite da patologie correlate all’asbesto sono finite nel cassetto della Commissione lavoro del governo. Questa maggioranza e questo governo continuano a piangere i morti a causa del lavoro, ma bloccano continuamente qualsiasi iniziativa volta a dare dignità alle vittime dell’amianto.
A Torino, sede del più grande processo che sia mai stato celebrato contro i responsabili della multinazionale Eternit, dal 6 all’8 novembre si è tenuta la Seconda conferenza non governativa organizzata dall’AIEA con le altre associazioni dal titolo «Amianto e giustizia»: l’amianto resta un’emergenza ambientale e sanitaria con un consistente aumento dei deceduti per cause ambientali, con le decine di milioni di tonnellate che richiedono di essere censite, bonificate, smaltite.
Quando parliamo di giustizia noi non ci riferiamo solo alla sua amministrazione quotidiana, parliamo anche di un punto di riferimento ideale, dei valori di base a cui si ispira la distribuzione di diritti e doveri, opportunità e obblighi. Se si smarrisce questo riferimento ideale, anche l’amministrazione della giustizia ne soffre. Gli esposti ed ex esposti all’amianto, le famiglie che hanno avuto morti da amianto, i cittadini che sono affetti da malattie correlate all’amianto, chiedono allo Stato e alla giustizia che il riconoscimento dei loro diritti avvenga in tempi brevi: oggi i tre gradi di giudizio richiedono circa dieci anni.
Con questi obiettivi l’AIEA, le altre associazioni e i sindacati CGIL, CISL e UIL nazionali hanno da tempo iniziato una vertenza nei confronti dell’INAIL, dell’INPS e dei vari governi. Ricordiamolo a noi stessi e a tutti coloro che ci sostengono: l’unica battaglia persa è quella che non si fa.
Termino con una massima amerindia che mi appassiona e che per l’occasione vorrei diventasse nostra: «Non vorrei mai
pensare di aver ereditato la terra dai nostri padri, ma di averla presa in prestito dai nostri figli».

Lo smaltimento dell’amianto

Siamo venuti a conoscenza di nuovi brevetti italiani ed esteri per il trattamento e l’inertizzazione del rifiuto amianto. Abbiamo proposto questo tema alla discussione del comitato strategico del Centro regionale per la ricerca, sorveglianza e prevenzione dei rischi da amianto, consci che in Italia, in seguito alle bonifiche, ci si aspettano milioni di tonnellate da smaltire nei prossimi anni, l’80% delle quali costituito da cemento-amianto.
I brevetti e gli impianti che rendono inerti i rifiuti da amianto dimostrano come, una volta valutato l’impatto ambientale, con l’attuale tecnologia disponibile sia possibile trasformare un problema in risorsa, potendo utilizzare i prodotti di trattamento come materia prima nei processi industriali, con costi confrontabili con quelli di smaltimento in discarica. Tali impianti sono anche itineranti.
Su questo tema ci siamo anche confrontati al Senato durante l’incontro sui diritti degli esposti dello scorso mese di giugno con il senatore Felice Casson e con i sindacati CGIL, CISL, UIL nazionali.

Lo smaltimento dell’amianto sarà nel prossimo futuro un problema di tutte le Regioni per le centinaia di migliaia di tonnellate da smaltire. Per questo, è importante che ogni Regione sia a conoscenza di queste tecnologie, in modo da poter discutere con tecnici ed enti pubblici al fine di trovare il modo migliore per procedere con metodi e sistemi condivisi all’eliminazione dal territorio dell’amianto, per la prevenzione primaria e la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini.

Armando Vanotto
presidente nazionale AIEA
Corrispondenza:
armando.van@alice.it

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