L’iter della proposta di legge

Il 7 novembre 2018 è stata approvata dal Senato la proposta di legge Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione, che è poi stata trasferita alla Camera dei Deputati per la discussione (vd. allegato). Siamo, quindi, ormai alle fasi finali di un iter lungo e complesso, avviato nella precedente legislatura con la presentazione di numerose proposte di legge sulla materia, poi confluite nel provvedimento in esame.

Un altro importante passaggio è avvenuto nel corso di questo processo: è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 3 marzo 2017 – in attuazione dell’articolo 12, comma 11, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012 – volto a definire le modalità di identificazione dei sistemi di sorveglianza e di registri di mortalità, di tumori e di altre patologie. Il DPCM ha individuato 31 sistemi di sorveglianza, in buona parte istituiti presso l’Istituto superiore di sanità (ISS), mentre alcuni fanno capo al Ministero della salute, e 15 registri di patologia di rilevanza nazionale, al fine di realizzare una raccolta sistematica di dati sanitari, trattati nel rispetto della riservatezza.

Gli obiettivi

Attraverso la costituzione della Rete, l’obiettivo generale dichiarato è quello di una sistematizzazione, in termini di coordinamento, standardizzazione e interconnessione, dei dati sanitari ai fini del loro utilizzo per la conduzione di studi epidemiologici a supporto della definizione dello stato di salute della popolazione – definito come «referto epidemiologico per il controllo sanitario» – per l’individuazione e il monitoraggio di fattori di rischio e per la definizione di strategie di prevenzione primaria e secondaria.
La tipologia di dati da far confluire nella Rete e le modalità del loro trattamento saranno disciplinati con apposito Regolamento da emanarsi a cura del Ministero della salute, acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, previa intesa in sede di Conferenza stato-regioni.

Si riconosce il ruolo della sorveglianza epidemiologica...

La proposta di legge ha il merito di riconoscere il ruolo centrale della sorveglianza epidemiologica nella programmazione dei servizi sanitari e di valorizzare i contenuti informativi dei dati sanitari ai fini della produzione di conoscenze condivise tra gli operatori e con le comunità sulle dinamiche di salute, con un focus specifico sulle patologie oncologiche e sui fattori di rischio ambientali.

…ma permangono molti elementi su cui è necessario riflettere 

Ci sembra opportuno evidenziare alcuni elementi meritevoli di ulteriore riflessione, nell’auspicio che alcuni possano essere affrontati nel corso dell’esame del testo alla Camera, altri vengano presi in considerazione dal Regolamento che dovrà poi disciplinare il funzionamento della Rete e il referto epidemiologico.
Uno degli aspetti di rilievo dell’iniziativa legislativa è quello di puntare a completare la copertura della registrazione dei tumori sull’intero territorio nazionale. Per la prima volta, si stabilisce che l’obbligo di raccolta e di conferimento dei dati alla Rete nazionale dei registri tumori rappresenta un adempimento ai fini della verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA): le Regioni hanno 180 giorni di tempo dalla data di entrata in vigore del provvedimento per adeguare i propri sistemi di sorveglianza epidemiologica sulla malattia oncologica, in modo che questa venga espletata dai registri tumori già istituiti o di nuova istituzione.

Occorre, tuttavia, considerare la clausola di invarianza finanziaria prevista con l’art. 7: «Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione della presente legge nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Nelle attuali condizioni operative, l’adozione di un provvedimento di legge, a parità di risorse economiche, umane e tecnologiche, potrebbe non essere sufficiente a garantire che in 180 giorni si attivino registri tumori dove ora non ci sono, in particolare se non vengono affrontate le attuali criticità di sistema, alcune delle quali proveremo a descrivere di seguito. È auspicabile, pertanto, che la discussione in svolgimento alla Camera possa tornare su questa previsione, a partire da un confronto con gli operatori di sanità pubblica e delle società scientifiche che li rappresentano, che possa restituire ai decisori gli elementi per rendere effettivo e concretamente efficace il provvedimento normativo.

La specificità della registrazione dei tumori e l'accreditamento dei registri

L’attività di registrazione dei tumori ha, infatti, caratteristiche specifiche, che non sono assimilabili a un flusso informativo e neanche a un sistema di sorveglianza fondato su procedure di notifica (automatica o meno), quali quelli delle malattie infettive. Vi sono contenuti metodologici, procedurali e tecnologici peculiari; è fondamentale l’accesso a flussi informativi di qualità; sono richieste competenze professionali specifiche, alcune delle quali, a oggi, fanno fatica a trovare un inquadramento nell’attuale assetto dei profili delle professioni sanitarie (si pensi alla figura del codificatore, cui in altri Paesi è dedicato un ruolo specifico, quello del registrar).
In questo senso, nel definire i contenuti di un intervento normativo, sembrerebbe opportuno disciplinare:

  • le fonti informative cui garantire l’accesso;
  • le modalità con le quali se ne verifica l’adeguatezza, la qualità e la completezza;
  • gli spazi operativi alla luce della regolamentazione privacy;
  • gli aspetti organizzativi e le figure che operano all’interno dei registri tumori, i loro percorsi formativi e gli sbocchi professionali, intervenendo sull’architettura delle aziende ed enti del SSR deputate alla registrazione dei tumori;
  • i requisiti organizzativi e tecnologici minimi necessari per svolgere le funzioni demandate.

Occorrerebbe, inoltre, a nostro avviso, una riflessione attenta sull’aspetto dell’accreditamento dei dati dei registri tumori e quindi del controllo di qualità, funzioni sin qui svolte da operatori del SSN che aderiscono all’Associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM), che gestisce – con la collaborazione di ISPRO Toscana – la Banca dati nazionale, garantendo anche la formazione degli operatori.
È importante che il percorso di istituzionalizzazione della Rete nazionale dei registri tumori parta dalle esperienze e delle competenze sin qui acquisite per consolidarle entro un assetto istituzionale stabile che possa favorire un’ulteriore crescita professionale e culturale nel campo dell’epidemiologia dei tumori.
Più in generale, il confronto andrebbe esteso a tutte le figure che operano nel campo dell’epidemiologia del SSN cogliendo l’opportunità offerta dal cosiddetto referto epidemiologico.

Referto epidemiologico: prima di tutto occorre rimuovere gli ostacoli

Per la prima volta nel panorama della sanità pubblica viene utilizzata tale definizione, che costituisce quindi una vera e propria novità, non soltanto in Italia, e rispetto alla quale non vi sono documentate esperienze, almeno nella terminologia utilizzata nel testo in esame alla Camera.
Al di là della scelta del termine “referto”, dalla lettura della norma (art. 4) sembrerebbe che, di fatto, il legislatore si riferisca al già previsto rapporto sullo stato di salute della popolazione.

Il Referto epidemiologico infatti, è definito come «il dato aggregato o macrodato corrispondente alla valutazione dello stato di salute complessivo di una comunità che si ottiene da un esame epidemiologico delle principali informazioni relative a tutti i malati e a tutti gli eventi sanitari di una popolazione in uno specifico ambito temporale e in un ambito territoriale circoscritto o a livello nazionale, attraverso la valutazione dell’incidenza delle malattie, del numero e delle cause dei decessi, come rilevabili dalle schede di dimissione ospedaliera e dalle cartelle cliniche, al fine di individuare la diffusione e l’andamento di specifiche patologie e identificare eventuali criticità di origine ambientale, professionale o sociosanitaria».

Entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge, con decreto ministeriale, dovranno essere definiti i soggetti preposti alla raccolta e all’elaborazione dei dati, il trattamento, l’elaborazione, il monitoraggio continuo e l’aggiornamento periodico, nonché la pubblicazione, con cadenza annuale, del referto epidemiologico, nei siti Internet delle Regioni e delle Province autonome, alle quali spetta il controllo quantitativo e qualitativo di flussi.
Preliminarmente, occorrerebbe un chiarimento sui contenuti del referto epidemiologico, in particolare rispetto ai già previsti rapporti sullo stato di salute della popolazione, affinché si possa avviare un ragionamento pragmatico sugli aspetti operativi connessi. È opportuno, infatti, stabilire, rispetto a obiettivi e ricadute che devono essere chiaramente definiti, quali dati siano necessari per la redazione del referto epidemiologico, quali siano effettivamente disponibili, quale sia la reale possibilità di accesso agli stessi, anche – e forse soprattutto – dal punto di vista della regolamentazione della privacy.
Contestualmente, andrebbero approfonditi gli aspetti metodologici e organizzativi, in termini, per esempio, di adeguamento dei servizi pubblici di epidemiologia (professionalità, competenze, consistenza).

Potrebbe non essere sufficiente cambiare la denominazione di un’attività o introdurre un’ulteriore previsione normativa per rendere davvero esigibili le informazioni sul profilo di salute delle comunità se non si rimuovono gli ostacoli che fin qui hanno reso così eterogenea nel nostro Paese la produzione di conoscenze epidemiologiche. Queste si ottengono a opera di diverse figure professionali competenti e qualificate, in numero proporzionato rispetto ai carichi di lavoro, che abbiano accesso non solo ai dati sanitari, ma anche sociodemografici, che interagiscano con altre istituzioni per acquisire le ulteriori informazioni di volta in volta necessarie (dati ambientali, occupazionali, economici eccetera), che abbiano risorse tecnologiche e strumentali adeguate, nonché possano accedere a dati individuali incrociabili tra loro allo scopo di ricostruire traiettorie di malattia, ma più in generale di vita, senza incorrere in tutti quei vincoli della privacy, spesso esuberanti lo spirito della legge, che oggi sono anche responsabili del ritardo con cui i registri tumori aggiornano i propri dati e della difficoltà di studiare coorti di popolazione.

Gli operatori dell'epidemiologia auspicano un confronto

Ci sembra, insomma, che la discussione sul tema del referto epidemiologico possa essere utilmente svolta con il contributo della comunità degli operatori dell’epidemiologia per provare a disegnare strategie di strutturazione della funzione epidemiologica nelle aziende ed enti del SSR, in modo da poter realmente mettere a disposizione di tutti le conoscenze necessarie alla programmazione, all’intervento, al monitoraggio e alla valutazione.

Anche il tema della comunicazione delle informazioni epidemiologiche (Chi la fa? Con quali strumenti? Con quali risorse?) meriterebbe, a nostro avviso, un approfondimento per assicurare un’efficace condivisione delle conoscenze, affinché possano diventare effettivo patrimonio della collettività.
Tale confronto appare indispensabile soprattutto se si considera che il testo del provvedimento prevede che dall’istituzione del referto epidemiologico derivi una «validazione degli studi epidemiologici» (lett a, comma 1 dell’art. 1 della pdl), che merita sicuramente qualche chiarimento.
Esiste una copiosa letteratura a livello internazionale, e nel nostro Paese, sugli strumenti e sui metodi di valutazione dello stato di salute di una comunità, sulle fonti e sulle modalità di rappresentazione e di comunicazione ai cittadini. Alcuni di questi sono già stati introdotti con il decreto sui nuovi LEA e occorre, quindi, da un lato, uno sforzo di armonizzazione delle disposizioni normative, magari intervenendo sugli aspetti strutturali della funzione epidemiologica, dall’altro, un impegno per la definizione di documenti che sistematizzino metodi e procedure da mettere a disposizione degli operatori con l’obiettivo di assicurare una produzione qualificata di conoscenze epidemiologiche, omogenea nell’intero territorio nazionale.

AIE predisporrà un documento di indirizzo da proporre alle strutture ministeriali competenti

In questo senso, AIE intende avviare un percorso con i propri soci per raccogliere ogni contributo utile per la predisposizione di un documento di indirizzo per la redazione dei rapporti sullo stato di salute della popolazione da sottoporre al confronto con le strutture ministeriali competenti, al fine di contemperare, in uno strumento di riferimento metodologico orientato all’operatività, le esigenze di conoscenza, trasparenza e rigore scientifico nei confronti di tutti i cittadini.


A chi ha già elaborato (o volesse elaborare) un documento più strutturato, per contribuire alla elaborazione delle linee di indirizzo sulla redazione del rapporto sullo stato di salute della popolazione, chiediamo di segnalarlo nei commenti e di inviare il testo direttamente alla Redazione di Epidemiologia e Prevenzione che lo trasmetterà alla Segreteria AIE (email: epiprev@inferenze.it).

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