Per la nostra prima rubrica, ci piace partire da alcune domande per provare a delineare ragionamenti, far emergere pregiudizi, suggerire percorsi di azioni e di ricerca per una medicina che sia attenta alle differenze, mirata nella prevenzione e appropriata nelle cure di uomini e donne. Ne proponiamo alcune, ma le domande sono come ciliegie: una tira l’altra.

Donne e uomini ricevono la stessa attenzione nella cura?

Ovvero la sindrome di Yentl. In un famoso racconto del premio Nobel Isaac Bashevis Singer, Yentl è una ragazza ebrea costretta a vestirsi da uomo, rasarsi i capelli e farsi passare per maschio per poter studiare nella scuola rabbinica.È il 1991 quando la cardiologa americana Bernardine Healy trasporta in medicina la premessa narrativa del racconto di Singer e pubblica, suscitando un grande dibattito, l’articolo “The Yentl Syndrome” sul New England Journal of Medicine.1 Nel suo articolo, la cardiologa descrive la discriminazione che aveva constatato nell’Istituto di cardiologia che dirigeva: le donne erano meno ospedalizzate, meno sottoposte a indagini diagnostiche (coronarografie) e terapeutiche (trombolisi, stent, bypass) rispetto agli uomini. Da allora la “sindrome di Yentl” viene utilizzata in ambito medico per descrivere il fenomeno per cui le donne che mostrano sintomi o patologie non corrispondenti a quelle maschili rimangono vittime di errori diagnostici e terapie inefficaci. A che punto siamo dopo 30 anni da quell’articolo? Il 13 giugno 2019 è stato firmato il decreto con cui viene adottato il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere2 e, nel 2021, è stato istituito un Osservatorio nazionale sulla medicina di genere.3 Ma fino a quando saranno necessarie leggi oppure osservatori per porre la giusta attenzione alle differenze di genere non solo in medicina, ma anche sul piano della ricerca e della salute in generale?

La prevenzione è attenta al genere?

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