A un anno dall’esordio della pandemia da SARS-CoV-2, le mascherine sono entrate forzatamente nella nostra vita quotidiana.Aprire un dibattito scientifico sulla qualità delle prove d’efficacia dell’uso di questi dispositivi quando l’obbligo di indossarli è terreno di scontro politico e ideologico (come è stato nell’America di Trump, nel Brasile di Bolsonaro o nel Regno Unito di Johnson) espone a un facile rischio di strumentalizzazione. Riteniamo, tuttavia, che la discussione scientifica debba sempre avere luogo e che il dibattito pubblico possa favorire la comprensione delle conoscenze che stanno alla base delle misure adottate in difesa della salute pubblica.L’occasione di dibattito è fornita da un intervento di Alberto Donzelli sull’uso delle mascherine come misura di protezione individuale dal contagio che pubblichiamo su questo numero di E&P (p. 410).1 Il lavoro non mette in discussione l’uso delle mascherine in luoghi pubblici chiusi né mette in discussione l’uso delle mascherine all’aperto in assembramenti statici o tra chi si intrattenga a parlare da vicino, ma attira l’attenzione su quella che, a detta dell’autore, è l’insufficienza delle prove alla base dell’obbligo di indossarle all’aperto in condizioni diverse da quanto sopra richiamato.

Uso obbligatorio a livello globale

Prima di entrare nel merito delle argomentazioni di Donzelli, ribadiamo che oggi è universalmente condiviso che l’uso delle mascherine sia tra le principali misure di prevenzione per contenere la trasmissione del virus e quindi anche per ridurre il carico di sofferenze che la pandemia ha portato, incluso il rischio di perdita di vite umane; indossarle, infatti, fa parte di un insieme di interventi raccomandati di prevenzione sociale che comprendono il distanziamento fisico, l’evitare ambienti affollati, l’adeguata ventilazione degli ambienti, la frequente pulizia delle mani e la copertura del viso in presenza di starnuti o colpi di tosse. La raccomandazione è stata emessa dall’Organizzazione mondiale della sanità in una nota datata 1 dicembre 20202 che ha anche riconosciuto (finalmente!) il rischio di trasmissione del virus via aerosol in circostanze specifiche, in particolare in ambienti chiusi, affollati e con spazi non sufficientemente ventilati... Accedi per continuare la lettura

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