In questi giorni ne hanno dette di tutto: chi ha detto che l'infezione da SARS-CoV-2 era ormai solo una banale influenza senza conseguenze serie e invece chi ha detto che sono cresciute le polmoniti che necessitano di ventilazione assistita. Insomma, la malattia da Covid sta diventando banale o ricomincia a essere preoccupante?

Tralasciamo l'analisi di casi clinici singoli che siamo impossibilitati a fare e purtroppo non abbiamo neppure le schede SDO dei positivi ricoverati per capire con quali patologie si sono aggravati i contagi. Cerchiamo solo di confrontare le frequenze dei dati che la Protezione Civile e l'Istituto Superiore di Sanità rendono pubblici.

Stato clinico dei prevalenti

Nei file pubblicati in internet da Epicentro (ISS) vengono date le frequenze dei positivi per stato clinico. Il dato viene così descritto: "Numero totale casi con malattia ancora in corso e con esito finale ancora non definito dall'inizio dell'epidemia, differenziati per sintomatologia più recente, per sesso e per fascia d'età aggiornati alla data riportata". Queste sono le frequenze percentuali per stato clinico nelle ultime cinque settimane.  Nel grafico le percentuali sono presentate in scala logaritmica e riferite a 100.000 positivi.

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È evidente che non sembra vi sia stato alcun cambiamento rilevante di proporzioni tra gli stati clinici dei soggetti prevalenti; sarebbe stato però più informativo poter avere non tanto la frequenza dei prevalenti bensì dei soggetti incidenti a sette giorni dalla loro diagnosi.

Crescita delle diagnosi di positività

Da 1° di giugno le diagnosi certificate di positività sono via via molto aumentate ed hanno raggiunto i valori che c'erano a Natale 2021 e che non erano state così elevate sin dall'8 febbraio 2022.

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In un mese i casi sono più che quadruplicati: la loro media settimanale era il 1° giugno di 16.310 ed il 30 giugno era diventata di 72.176, cioè aumentata di 4,4 volte!

Bisogna anche notare che in dicembre c'era la necessità di produrre un certificato di negatività per chi non aveva il Green Pass e quindi ci furono molti più tamponi certificati di ora, e infatti il 25 dicembre furono registrati 969.752 tamponi, l'8 febbraio 999.095, mentre il 30 giugno solo 296.030. Si deve inoltre considerare che attualmente si è molto diffuso l'uso dei self test antigenici e molti esiti positivi non vengono segnalati e per quanto si dice, se è vero, questo accade purtroppo anche per molti test positivi eseguiti nelle farmacie. Queste considerazioni portano a ritenere che il numero dei soggetti positivi sia oggi molto più sottostimato di quanto non lo fosse a dicembre o a febbraio.

Crescita dei casi con sequele più severe

Sono aumentati i positivi e sono aumentati i casi dei soggetti che hanno avuto la necessità di ricoverarsi vuoi in area medica vuoi in area critica. Al proposito occorre comunque considerare che le frequenze segnalate sono quelle dei ricoverati positivi e non necessariamente ricoverati per complicanze del contagio.

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Ma la domanda che occorre farsi è: sono aumentati i ricoveri perché è aumentata l’aggressività del virus o sono aumentati solo perché sono aumentati i contagi?

Se si esaminano le percentuali dei positivi ricoverati in area critica sul totale dei positivi ricoverati si osserva che questa si è fortemente ridimensionata.

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A inizio di dicembre i positivi ricoverati nei reparti di terapia intensiva erano il 12% di tutti i positivi ricoverati; a fine giugno questa percentuale è scesa sotto al 4% con un piccolo rialzo a metà mese.

Se poi si considerano le percentuali di positivi prevalenti ricoverati tanto in area medica che in area critica è molto evidente la netta diminuzione già dal mese di febbraio, poi rimasta più o meno invariata sotto all'1% sino ad oggi.

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Uguale quadro si ottiene considerando il rapporto tra gli accessi di pazienti positivi in reparti di terapia intensiva e i contagiati di sette giorni prima. In questo caso le frequenze sono state trasformate nelle loro medie mobili a sette giorni. L'andamento è del tutto simile al rapporto tra le prevalenze dei ricoverati e dei positivi.

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Crescita dei decessi

Negli ultimi giorni di giugno si è notata una leggera crescita dei decessi che comunque per tutto il mese si è aggirata su una media di 50 casi giornalieri.

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Anche per i decessi si può calcolare il tasso giornaliero di mortalità dei soggetti positivi prevalenti. Si consideri che grossolanamente l'attesa nella popolazione è di circa 3 decessi al giorno ogni 100.000 abitanti e quindi considerando la loro mortalità dovuta al Covid si dovrebbe togliere questa quota. Sarebbe opportuno fare un calcolo meno grossolano considerando l'età e il genere dei positivi prevalenti che però hanno una struttura per età e genere non eccessivamente diversa da quella della popolazione generale e quindi il bias compiuto non dovrebbe essere eccessivo. Il tasso di mortalità giornaliero per 100.000 positivi prevalenti evidenzia una forte diminuzione anche negli ultimi giorni di giugno.

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Infine si può stimare la letalità rapportando la media mobile dei deceduti alla media mobile dei contagiati di due, tre o quattro settimane precedenti, nell'ipotesi che il tempo che trascorre tra diagnosi e decesso possa essere di 14, 21 o 28 giorni.

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La letalità a 21 giorni, che potrebbe essere la più aderente alla realtà, sembra esser leggermente cresciuta dall'inizio di giugno per poi diminuire verso la fine del mese.

Concludendo ...

Concludendo sembra che non si possa assolutamente affermare che nel mese di giugno, sino alla fine, si sia notato un peggioramento delle condizioni di quanti si erano contagiati e quindi rimane la certezza che l'unico modo per ridurre i ricoveri e i decessi sia solo cercar di prevenire i contagi.

Se a livello di percentuale dei contagiati le conseguenze più severe non sembra siano aumentate, bisogna comunque tenere presente anche la crescita dei numeri assoluti. Nelle ultime due settimane di giugno (20-6/3-7) rispetto alle due precedenti (6-6/19-6) ci sono stati 629.076 contagiati in più, 2.032.587 giornate di isolamento in più, 12.424 giornate di ricovero in area medica in più e 324 in area critica, e 107 ricoveri in più in terapia intensiva e, buona notizia però, 21 decessi in meno.

Il carico di sofferenza e anche il costo economico di tutto ciò deve far riflettere se il "lasciar liberi di contagiarsi" sia proprio la scelta più opportuna quando invece anche solo piccole precauzioni come l'uso della mascherina al chiuso o l'evitare i soli assembramenti inutili potrebbero contribuire a limitare l'ulteriore diffondersi dell'epidemia.

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