Riassunto

In Italia, il riconoscimento del diritto a un indennizzo per le vittime del talidomide è arrivato con oltre mezzo secolo di ritardo rispetto al periodo di libero accesso al farmaco antiemetico. Tuttavia, il Ministero della salute nega tale indennizzo ai nati con un difetto monolaterale degli arti, nel nome di una discutibile evidenza scientifica. Il presente lavoro ripercorre le descrizioni di serie di casi di bambini nati con “embriopatia talidomidica” a cavallo del 1960 in Gran Bretagna, Germania e altri Paesi. Nella maggior parte degli studi, le serie sono state assemblate al di fuori di un reclutamento razionale, senza un adeguato controllo di bias di selezione dei casi e di bias di informazione nel riconoscimento delle esposizioni materne. Peraltro, queste serie contenevano una minoranza di bambini nati con difetto monolaterale agli arti. In alcune successive revisioni della letteratura, ai limiti del disegno dei singoli studi si è aggiunto un bias nella selezione degli studi presi in considerazione. Questo è il caso della recente proposta di un “algoritmo diagnostico” per il riconoscimento dell’eziologia talidomidica delle malformazioni e di una nota dell’Istituto superiore di sanità che esclude la potenzialità del talidomide di causare difetti monolaterali degli arti. Complessivamente, vi è evidenza scientifica che il talidomide è in grado di causare malformazioni monolaterali degli arti.

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Abstract

Fifty years after the event, Italy introduced legislation to compensate malformations in children – now in their sixties – born to mothers who had been prescribed the antiemetic drug thalidomide for morning sickness. However, compensation has been denied to people ‘only’ damaged in one half of their body as opposed to those with bilateral malformations. The present study reviews the papers describing case series  of children born  with ‘thalidomide embryopathy’ in the UK, Germany, and other countries around 1960. Most clinical series were not organized on the basis of inclusion/exclusion criteria, thus allowing for probable selection and information biases on maternal use of thalidomide. In any case, they included a sizable number of children with a unilateral limb defect born from mothers certainly exposed to thalidomide during the relevant pregnancy. In many of these children, limb defects were associated with visceral  malformations, as frequently observed following exposure to thalidomide in utero. 
Similarly, later literature reviews were not bias-free in their choice of articles, as is the case of a recently proposed ‘diagnostic algorithm’ for thalidomide-caused specific malformations and of the advice by the Italian National Institute of Health ruling out the possibility of thalidomide producing unilateral limb defects. Overall, the scientific evidence suggests that thalidomide can cause unilateral limb defects.

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