Riassunto

Fin dall’inizio della pandemia ci si è preoccupati di quanto i bambini, notoriamente affetti da infezioni virali respiratorie, avrebbero sofferto di importanti compromissioni di salute. Dati ormai consolidati hanno confermato che l’infezione da COVID-19 non si presenta nella grande maggioranza dei bambini con una sintomatologia grave.

Fin dall’inizio della pandemia ci si è preoccupati di quanto i bambini, notoriamente affetti da infezioni virali respiratorie, avrebbero sofferto di importanti compromissioni di salute. Dati ormai consolidati hanno confermato che l’infezione da COVID-19 non si presenta nella grande maggioranza dei bambini con una sintomatologia grave. Pur non entrando nel merito degli aspetti fisiopatologici, sembra che i bambini esprimano meno degli adulti il recettore che il SARS-CoV-2 usa come porta di ingresso per l’infezione respiratoria e che la loro immunità innata li preservi da infezioni più gravi.
La scarsa suscettibilità all’infezione è vera anche per bambini che presentano patologie croniche, anche se i pochi casi clinicamente gravi si sono comprensibilmente presentati in bambini con patologie sottostanti.1
Anche la temuta trasmissione del virus al feto durante la gravidanza o al neonato nelle mamme positive che allattano non sembra essere un problema clinico rilevante.
La finalità di questo contributo è di esporre alcuni problemi/danni collaterali per bambini e adolescenti della pandemia da COVID-19 che possono avere un impatto sulla salute a breve o lungo termine.

Gli accessi al pronto soccorso e l’interazione con gli operatori sanitari

In Italia, come in altri Paesi, vi è stata una consistente diminuzione (fino al 70%-80%) degli accessi in pronto soccorso durante i mesi di lockdown. È noto che gli accessi sono perlopiù dovuti a problemi di scarsa rilevanza clinica e la diminuzione degli accessi era pertanto attesa. Si è però diffusa anche la preoccupazione che tale diminuzione si accompagnasse, come per gli adulti, a un accesso per patologie più rilevanti mancato o ritardato. Sono stati descritti anche in Italia casi di malattie croniche (diabete, tumori) o acute (disidratazione grave, sepsi) che sono arrivate tardi in ospedale e con quadri clinici particolarmente gravi. Si tratta di casi aneddotici, senza un confronto con il passato. Una survey prospettica nel Regno Unito su circa 1.500 accessi (pochi per trarre conclusioni) riporta un ritardo o un possibile ritardo a giudizio del medico in circa il 7% dei casi, una proporzione accettabile se non portasse a patologie gravi. Il problema rimane aperto e necessiterebbe di altri studi ad hoc per mettere in atto un’informazione più dettagliata con messaggi meno generici rispetto allo «state a casa».
Per ciò che riguarda l’interazione con i sanitari, soprattutto per pazienti con malattie croniche, sono disponibili pochi dati; se da una parte la pandemia ha favorito l’uso della telemedicina, in diversi articoli si invita a non considerare questa come la panacea. Le patologie croniche beneficiano ancor più di quelle acute di un contatto diretto tra operatori, genitori e pazienti cui la telemedicina, che pure va implementata, non sembra potere sopperire.

L’esperienza familiare

I bambini vivono le stesse esperienze delle loro famiglie: hanno quindi sperimentato la scomparsa di persone care, hanno genitori che hanno perso il lavoro o che lavorano da casa con difficoltà di gestione famigliare. Possiamo aspettarci che queste esperienze abbiano un impatto sulla loro salute, soprattutto mentale. Sono disponibili ancora pochi dati pubblicati: una survey effettuata in Cina in bambini e adolescenti con questionari validati ha messo in evidenza che, durante il lockdown, tra il 19 e il 22% presentavano uno stato di ansia o depressione;2 uno studio di coorte nel Regno Unito ha valutato le manifestazioni di ansia negli adolescenti.3 In Italia, i dati più interessanti – finora non pubblicati ma comunicati dal Ministero della salute4 – sono quelli dell’Istituto Gaslini di Genova, che a tre settimane dal lockdown ha effettuato un’indagine su base volontaria su 6.800 famiglie con figli <18 anni.5 Nel 65%-71% dei bambini, a seconda dell’età, sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione. Nei bambini minori di sei anni i disturbi più frequenti sono stati un aumento di irritabilità, disturbi del sonno, inquietudine e ansia da separazione. Questa indagine e altre simili hanno portato ad aprire in questo e altri ospedali pediatrici (per esempio, l’AOU Meyer) servizi di supporto psicologico a sostegno delle famiglie più fragili.
In letteratura, il problema della salute mentale nei bambini e nelle famiglie è trattato in diversi editoriali: si sottolinea che i pediatri e il personale sanitario devono non solo indagarlo, ma anche offrire un supporto per cui già sono presenti linee guida e raccomandazioni; si pone l’accento anche sul fatto che ci siano molti bambini già affetti da disturbi, quali autismo, deficit di attenzione e iperattività, che rischiano di peggiorare.6
Fin dalle prime fasi della pandemia, associazioni internazionali, come Human Rights Watch, WHO, Unicef, hanno preso in considerazione i passi che i governi dovrebbero intraprendere per migliorare la situazione all’interno delle famiglie e hanno sviluppato materiale informativo in diverse lingue per aiutare i genitori a rapportarsi con i propri figli.7 Materiale prezioso, in quanto i genitori desiderano sapere come comunicare con i bambini riguardo a diversi aspetti dell’epidemia e come aiutarli.

La chiusura delle scuole e dei servizi per l’infanzia

In Italia hanno perduto 4 mesi di scuola circa nove milioni di bambini e ragazzi e oltre un milione di bimbi dei nidi e dei servizi educativi della prima infanzia. Pochi – pochissimi nelle famiglie meno abbienti – hanno potuto usufruire di una didattica a distanza sufficiente. I rischi imputati alla chiusura di scuole e servizi per l’infanzia sono una maggiore vulnerabilità a situazioni di violenza familiare e danni sul piano educativo, maggiori nei bambini con bisogni educativi speciali e in quelli che vivono in situazioni di povertà e di sovraffollamento. Vi sono poi ricadute dirette sulla salute: il rischio di consolidare stili di vita dannosi, come passare molto tempo davanti agli schermi, la riduzione dell’attività fisica, l’alimentazione non salutare. I rischi sono ancora maggiori, anche se al momento ancora meno stimabili, per i bambini dei Paesi a basso reddito dove si paventa anche un effetto negativo sulla nutrizione. I pasti consumati a scuola in questi Paesi sono una fonte di nutrimento importante.
Ciò a fronte di quanto riportato in un documento dell’European Center for Disease and Control,8 che indica come la chiusura delle scuole abbia un impatto poco rilevante sia per la diffusione del virus nella comunità sia per un’ulteriore protezione per la salute dei bambini stessi che, comunque, manifestano infezioni lievi o asintomatiche. Un’indagine in 15 Paesi europei che avevano riaperto le scuole entro l’estate riporta o una assenza di cluster o cluster di dimensioni limitate quanto a numeri di bambini e operatori scolastici infettati, a eccezione di un cluster numeroso che si è verificato in Israele concomitantemente ad una diminuzione delle misure personali di prevenzione (uso di mascherine).
A supporto di ciò, una recente revisione sistematica di studi di contact tracing indica che i bambini acquisiscono l’infezione soprattutto all’interno delle famiglie e in proporzione minore rispetto agli adulti (odds ratio 0,41; IC95% 0,22-0,76).9 Ciò a differenza di quanto accade per altre infezioni virali respiratorie. Ulteriori indagini epidemiologiche sono tuttavia necessarie per confermare questi dati in una situazione in cui con una più ampia riapertura delle scuole in tutti i Paesi – Italia compresa – i bambini avranno più contatti al di fuori della famiglia.
In conclusione, è importante che le misure per contrastare l’epidemia mettano sul piatto della bilancia i potenziali benefici e i potenziali effetti avversi che potrebbero essere particolarmente importanti nei bambini sia nel nostro Paese sia, ancora di più, nei Paesi a basso reddito.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Data di sottomissione: 18.07.2020
Data di accettazione: 16.11.2020

Bibliografia

  1. Bellino S, Punzo O, Rota MC et al. COVID-19 Disease Severity Risk Factors for Pediatric Patients in Italy. Pediatrics 2020;146(4):e2020009399.
  2. Xie X, Xue Q, Zhou Y et al. Mental Health Status Among Children in Home Confinement During the Coronavirus Disease 2019 Outbreak in Hubei Province, China. JAMA Pediatr 2020;174(9):898-900.
  3. McElroy E, Patalay P , Moltrecht B et al. Demographic and health factors associated with pandemic anxiety in the context of COVID-19. Br J Health Psychol 2020;25(4):934-44.
  4. Ministero della Salute. Comunicasto stampa n.192, 16.06.2020. Presentazione indagine sull’impatto psicologico del lockdown nei minori. Disponibile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_4_1_1_stampa.jsp?id=5573
  5. Istituto Gaslini, Genova. Bambini e Covid-19: come hanno reagito e come aiutarli. Disponibile all’indirizzo: http://www.gaslini.org/comunicati-stampa/bambini-e-covid-19-come-hanno-reagito-e-come-aiutarli/
  6. Golberstein E, Golberstein E, Wen H, Miller BF. Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) and Mental Health for Children and Adolescents. JAMA Pediatr 2020;174(9):819-20.
  7. Cluver L. Parenting in a time of COVID-19. Lancet 2020;395(10231):e64.
  8. https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/children-and-school-settings-covid-19-transmission
  9. Viner RM, Mytton OT, Bonell C et al. Susceptibility to SARS-CoV-2 Infection Among Children and Adolescents Compared With Adults. A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Pediatr 2020;e204573.
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